MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO
SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGIA, BELLE ARTI E PAESAGGIO

Deposito della memoria

Fausto Martino
Soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna

A Marina Sechi

«Venga, le mostro il nostro tesoretto».
Marina Sechi mi aveva appena presentato i colleghi e mi stava guidando nei meandri della sede dell’ufficio, una bella villa liberty acquisita al patrimonio dello Stato grazie alla lungimiranza della Soprintendente Segni Pulvirenti. L’odore stantio, per alcuni aspetti rassicurante, saturava la penombra dell’archivio storico.
«Eccolo», disse sottovoce, quasi con circospezione, indicando uno scaffale con centinaia di buste allineate in bell’ordine, «ecco il nostro tesoretto. Lo custodiamo con cura, in attesa di poterlo finalmente restaurare e rendere disponibile a tutti».

Nel maggio del 2008 ero appena arrivato a Cagliari, incaricato di dirigere la Soprintendenza per un periodo poi rivelatosi brevissimo a causa dello spoils system intensamente applicato dal quarto Governo Berlusconi. Marina mi accolse e mi fece da guida. Lei si occupava di tutto, conosceva perfettamente il personale e la macchina amministrativa, i suoi rituali e le sue debolezze. Ma, tra le tante cose, forse troppe, che la impegnavano, gli archivi – di cui aveva la direzione – l’appassionavano particolarmente: «sono il deposito della memoria», diceva, «l’essenza della nostra identità».

Marina non era cagliaritana di nascita, ma Cagliari ce l’aveva nel sangue, la conosceva profondamente; ne conosceva la storia millenaria e i monumenti, di cui ricordava ogni riferimento archivistico e bibliografico che metteva generosamente a disposizione di colleghi e studiosi, con un’evidente predilezione per i giovani studenti. Persona di grande cultura, vivace intelligenza e straordinaria sensibilità, aveva compreso da tempo l’importanza documentaria e artistica del giacimento di immagini sepolto in Soprintendenza e si era impegnata costantemente per la sua tutela.
Nell’agosto 2015 – caso del destino o nemesi storica – sono tornato a Cagliari, nuovamente incaricato della direzione della Soprintendenza. Le stanze, le persone, l’atmosfera … tutto era come lo ricordavo. L’ufficio aveva una sua identità potente che si era ulteriormente arricchita con l’energia e la competenza del personale di più recente assunzione.
Marina era sempre lì, immutabile, a fare da baricentro. “Dea Madre”, la chiamavano affettuosamente i colleghi, riconoscendole apertamente – e con gratitudine – l’insostituibile ruolo ordinatore che svolgeva con grande umanità. Non aveva dimenticato “il tesoretto” (avrebbe potuto?) e, al mio arrivo, me ne parlò nuovamente. Mi disse dei tentativi fatti per promuoverne la valorizzazione, senza mai arrendersi di fronte alle sconfitte, ma ripartendo sempre con identica ostinazione e rinnovato entusiasmo, e di come, con mezzi di fortuna, ne avesse iniziato la digitalizzazione, cooptando i colleghi e perfino le loro attrezzature personali.
Se n’è andata all’improvviso, nel marzo 2017, senza vedere compiuto il “suo” progetto e lasciando, insieme al vuoto incolmabile, una pesante eredità da raccogliere.

Pochi giorni dopo la sua scomparsa, ecco presentarsi inaspettatamente l’occasione inseguita per anni: “Il Gioco del Lotto” aveva inserito Cagliari nell’annuale tour promozionale ed era disponibile a lasciare alla Città un segno tangibile del proprio passaggio, come di tradizione nell’ambito dei beni culturali.
La reazione dei colleghi non si è fatta attendere. Tutti, ma proprio tutti, si sono sentiti, prima ancora che professionalmente, emotivamente coinvolti. Tutti hanno avvertito il dovere morale di non perdere un’occasione che forse non si sarebbe più ripresentata e tutti si sono spontaneamente mobilitati per contribuire, secondo le proprie competenze, alla candidatura e all’attuazione del progetto.
I responsabili dello sponsor “Il Gioco del Lotto” – che ringrazio vivamente – hanno creduto da subito nell’iniziativa, di cui hanno certamente apprezzato l’elevato spessore culturale e intuito la valenza morale.

Ed eccoci qui, il progetto è ambizioso e ancora in itinere. Restaurate le lastre danneggiate e messo in sicurezza l’archivio, mentre si va in stampa è in corso la progettazione di una mostra fotografica ragionata per la presentazione dei lavori eseguiti ed è pressoché ultimata la digitalizzazione di tutte le immagini, che renderemo disponibili in questo sito web dal nome evocativo: Sardegna fragili immagini.
Questa pubblicazione, per quanto ricca di contributi dall’elevato valore scientifico (ringrazio tutti i colleghi anche per questo) è però soltanto il risultato di una delle possibili chiavi di lettura dell’ampio e sfaccettato archivio; contiene una selezione delle immagini di Cagliari tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, periodo cruciale per una città che, fino ad allora silenziosa e per così dire ai margini della cultura europea, si apre improvvisamente alle trasformazioni e alla modernità.
Il lettore ritroverà scorci conosciuti, sopravvissuti alla distruzione bellica o ai disastri postbellici e dunque ancora percepibili, oppure prospettive inconsuete, edifici non più esistenti o trasformati radicalmente. Potrà ammirare i molti scatti frutto del lavoro e della dedizione degli operatori della Soprintendenza che spesso, con acume e senso artistico, hanno voluto “umanizzare” le fredde e a volte surreali immagini dei monumenti, includendovi scene di vita comune, non prive di importante valore documentario e tali da rendere vivo il paesaggio urbano.

L’uso della fotografia, entrato precocemente nelle best pratice della tutela dei beni culturali, ha consentito di documentare con estrema precisione e dovizia di particolari gli edifici e le opere d’arte, i restauri, le campagne di scavo, i ritrovamenti, i paesaggi naturali.
Gli archivi fotografici – tra cui il nostro – non costituiscono soltanto il punto di partenza imprescindibile per qualsiasi ricerca scientifica; aiutano a comprendere quanto sia stato importante il ruolo svolto dalle Soprintendenze per la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e come la stessa sopravvivenza di importanti siti monumentali – oggi orgoglio del nostro Ministero per il crescente trend di visitatori – si debba all’azione costante, per alcuni aspetti eroica, di quegli uffici troppo spesso bistrattati senza i quali l’immagine del Paese sarebbe diversa, e certamente più povera.

Tutto questo è documentato in modo esemplare nel volume che presento e che valorizza appieno l’articolata mission del nostro Istituto, orientata fin dalla sua nascita  alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio culturale e, perché no, al culto della bellezza nella sua accezione più ampia e democratica.

So che Marina sarebbe stata fiera di questo lavoro ed è a lei che, con tutti i colleghi che hanno avuto il privilegio di conoscerla e amarla, lo dedichiamo.

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